giovedì 10 febbraio 2011

Pina Baush


Her friend and filmmaker Wim Wenders has just dedicated a movie to her, called with a subtitle that the German vestal of dance used to love saying and saying again. "Pina. Dance, dance otherwise we are lost" is the awaited film-event at the Berlin Film Festival (13/2). Two years after her death, she is already wrapped as an icon. Who knows if the beautiful, but so reserved, Philippine, who everyone called "Pina", would be happy about it. Dance was her religion, and her body bore signs of her devotion: so thin she was almost emaciated, dressed in black, a pale face, always more caved, long dark hair tied behind her neck; Pina didn't have other obsessions but her own art. All worshiped her and lived under her cult, that today, thanks to Wenders, is still alive.



Il suo amico e regista Wim Wenders le ha appena dedicato un film, che porta nel sottotitolo una frase che la vestale della danza tedesca amava ripetere. "Pina. Dance, dance otherwise we are lost" è il film evento atteso al Festival del Cinema di Berlino (13/2). A distanza di due anni dalla sua scomparsa, sembra già essere diventata un mito. Chissà se la bellissima, ma molto schiva, Philippine, nel tempo diventata per tutti "Pina", ne sarebbe felice. La danza era la sua religione, e il suo corpo portava i segni della sua devozione: magra fin quasi a essere emaciata, nerovestita, il volto pallido e sempre più scavato, i lunghi capelli scuri raccolti dietro la nuca; Pina non aveva altra ossessione se non la propria arte.
Tutti la veneravano e vivevano nel suo culto, che oggi, grazie a Wenders, è più vivo che mai.

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